Il mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto

DATI PRELIMINARI 
 Il mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto in Puglia (provincia di Lecce) è stato realizzato tra il 1163 e il 1165, sotto il regno di Guglielmo il Malo, su commissione dell’arcivescovo Gionata, ad opera dell’artista/prete Pantaleone. TECNICA: Mosaico con tessere policrome di calcare locale e inserti in pasta vitrea.
DESCRIZIONE E SIGNIFICATI
L’opera costituisce uno dei più interessanti cicli musivi dell’arte medievale pugliese sia per la ricchezza dell’apparato iconografico che per le dimensioni e lo stato di conservazione, rispetto ad altri mosaici coevi.
Il programma figurativo del mosaico, complesso e a volte misterioso, tratta essenzialmente la condizione umana e cioè la lotta fra il Bene e il Male, le virtù e i vizi, la salvezza e il peccato, e il suo esito ultraterreno, attraverso scene tratte dall’Antico Testamento, dai Vangeli Apocrifi, dai cicli cavallereschi e dal bestiario medievale, disposte lungo lo sviluppo dell “Albero della vita”. Ci sono altri significati nascosti, di carattere religioso, morale, politico, per cui risulta difficile decifrare interamente il messaggio complessivo.
Il mosaico, come se fosse un tappeto istoriato, riveste quasi interamente la superficie pavimentale della basilica occupando la navata centrale, la zona presbiteriale, l’abside e le navate laterali del transetto.
Nella navata centrale è presente la raffigurazione di un grande albero, con la base all’ingresso della chiesa e lo sviluppo del tronco e dei rami verso il presbiterio. Il grande fusto centrale rappresenta l’Albero della vita, origine simbolica del creato.
Le navate laterali del transetto presentano due tronchi d’albero di minori dimensioni; a sinistra sono presenti figure di eletti ( Isacco, Abramo)  e figure di dannati (Satana, Inferno); nella navata destra si riconosce la figura di Atlante che sorregge il globo.

Fotografia del mosaico pavimentale con visione in settori
Veduta orto planimetrica d’insieme – Attribuzione diritti di immagine : by Lupiae (Own work) [CC BY-SA 3.0)], via Wikimedia Commons.

Fra gli spazi vegetali, caratterizzati da rami e foglie stilizzate di fico,  incontriamo scene con con vari protagonisti dell’Antico Testamento, riconoscibili anche dai nomi scritti (Adamo, Eva, Caino, Abele, Noè, Salomone, Regina di Saba..). Fra questi si incontrano a sorpresa personaggi di leggende medievali (Re Artù, Alessandro Magno) e dei miti pagani (Sansone, Diana, Atlante).
Si aggiungono anche tante figure di animali e mostri di diverse dimensioni sparse negli spazi disponibili tra le scene principali.
Partendo dall’ingresso della navata centrale, il tronco indirizza l’osservatore verso l’altare e compositivamente si configura come un asse di simmetria, dal quale si aprono rami che ospitano figure sacre e profane, animali reali e fantastici. Tali rami, insieme a nastri di epigrafi con iscrizioni latine, individuano una composizione per fasce orizzontali (registri) che però non corrispondono sempre in modo chiaro a episodi specifici di narrazione.
Partendo dalla base si possono riconoscere (non facilmente) le seguenti fasce:
1^fascia – un epigrafe latina con l’iscrizione del nome di Pantaleone, artefice del mosaico sulla quale poggiano due grandi elefanti che sorreggono il grande albero, con ai lati cavalieri, guerrieri e animali;
2^ fascia a destra – Alessandro Magno con due grifoni e le imprese del sovrano in India;
3^ fascia a sinistra – La costruzione della Torre di Babele;
4^ fascia – Storie di Noè, dalla costruzione dell’arca all’ingresso degli animali
5^ e 6^ e 7^ fascia, a formare compositivamente un quadrato di 12 tondi, sono rappresentati i mesi dell’anno, con il lavoro agricolo e il segno zodiacale corrispondenti.
8^ fascia – il giardino dell’Eden con al centro la cacciata dei progenitori, la figura di Re Artù  e a destra episodi con Caino e AbeleParticolare mosaico con il ciclo dei mesi

Particolare: Il ciclo dei mesi dell’anno. – Attribuzione diritti di immagine: by Framo (Own work) [CC BY-SA 3.0], via Wikimedia Commons
Si passa poi, attraverso l’arco trionfale, alla zona presbiteriale caratterizzata dalla presenza di sedici medaglioni, inscritti in un quadrato, con figure favolose e reali,  (i progenitori, il serpente e l’elefante, il centauro e il cervo trafitto). In alcuni di essi sono raffigurati mostri tratti da bestiari medievali, con ambigui significati simbolici.
Simmetricamente si evidenziano centralmente i due medaglioni che contengono le figure di Adamo ed Eva che commettono il peccato originale, con il serpente avvolto alla parte terminale del tronco dell’albero della vita.
Nella zona absidale sono rappresentate scene che si riferiscono al racconto biblico del profeta Giona, con figure di animali e pesci disposti secondo una composizione radiale.
L’iconografia del pavimento presenta dunque una commistione di temi religiosi, prevalentemente tratti dalle sacre scritture, e scene mitologiche e di vita quotidiana.
Di questo complesso apparato figurativo risultano decifrabili solo le parti che appartengono al patrimonio della cultura occidentale, mentre altre, per l’incerto significato, impediscono di comprendere i nessi profondi dell’intero disegno.
 
fonte: dianthos1, Il mosaico della cattedrale di Otranto, video su [https://www.youtube.com/watch?v=lwopxCR37dI]
ELEMENTI DEL LINGUAGGIO VISIVO PREVALENTI
Le figure, caratterizzate da una certa immediatezza, sono stilizzate e schematiche, segnate da una netta linea di contorno, con proporzioni che non rispettano quelle naturali. I corpi non presentano un volume ma appaiono piatti, senza chiaroscuro.
Le figure, a volte anche nell’ambito della stessa scena, sono raffigurate con rapporti dimensionali diversi.
La profondità spaziale non è presente. Lo sfondo ha coloritura uniforme, in genere chiara.
Le figure, isolate l’una dall’altra e disposte in genere per fasce orizzontali, si dispongono per accostamento o per intreccio, quasi a voler riempire ogni spazio disponibile ( horror vacui = paura del vuoto).
I volti sono inespressivi e stilizzati. I gesti dei personaggi a volte riescono a comunicare una vitalità interiore,  la drammaticità e il senso di dinamismo.
E’ prevalente lo sfondo con tessere in pietra calcarea bianca. Emergono figure, tronco, rami e foglie colorati con tessere lapidee nelle varie tonalità di grigio, rosso, marrone, al verde, giallo.
FUNZIONE DELL’OPERA
La funzione comunicativa dell’opera, tipica dell’arte romanica, è essenzialmente educativa. Il grande mosaico doveva essere interpretato dai fedeli che percorrevano la chiesa e vi si soffermavano in preghiera: in prevalenza gente del popolo, analfabeta, ma perfettamente in grado di comprendere il messaggio delle immagini. Dunque, il linguaggio figurativo, con i numerosi simboli che a noi sembrano difficili da interpretare, è in realtà semplice e diretto.
In questa opera si riconoscono i caratteri propri del Romanico figurativo e cioè un linguaggio più popolare e di grande capacità comunicativa rispetto ai caratteri più raffinati e aulici della tradizione bizantina.
BIBLIOGRAFIA (accesso ai siti web al 18/9/2017)
II mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto, Storia on line, Istituto italiano Edizioni Atlas, pagina web [http://www.edatlas.it/documents/f15bdf28-c6ab-49d0-892c-205946c14f9e]
Luisa Derosa, Pavimenti musivi figurati di chiese romaniche pugliesi, Otranto- Cattedrale, pagina web [https://www.mondimedievali.net/Artemedievale/pavimenti/otranto.htm]
Pietro Marino, Otranto – il Mosaico dei segreti, articolo sito web [http://www.bridgepugliausa.it/articolo.asp?id_sez=1&id_cat=28&id_art=3389&lingua=it]
E. Pulvirenti, L’albero della vita nella storia dell’arte, articolo su web [ http://www.didatticarte.it/Blog/?p=1708]